Quest post è dedicato a tutte le donne che seguono il mio blog. So che siete numerose e quindi spero che l'argomento affrontato vi sia gradito. L'articolo in questione, mi è stato concesso gentilmente da una collega romana, molto brava e richiesta, la dr.ssa Francesca Fanolla. Come sempre siete invitati a lasciare un commento.
Francesca scrive:
"E’ da sempre considerato il simbolo della femminilità, tocco di perspicace ed inimitabile sensualità nel vestiario di ogni donna e, per dirla tutta, elemento di seduzione per il mondo maschile… Il tacco. Ma quanto costa, oltre al vero senso della parola, indossare un tacco? Più precisamente, quanto costa alla salute di noi donne? Molto più di quanto immaginiamo, quando ammiriamo le innumerevoli paia di scarpe "alte" e "altissime" nelle vetrine dei negozi, scegliendo magari lo stivale o il decolletè con la zeppa all’ultimo grido.
Vi starete domandando cosa c’entri ora l’argomento "tacco" in un sito di Personal Trainer… ebbene sì, non è un caso che io mi rivolga alle dirette interessate, le donne appunto, con una punta di allerta. In palestra mi sono imbattuta troppe volte in casi di ragazze e donne in età più avanzata affette da patologie scheletriche come "alluce valgo", iperestensione delle ginocchia e relativa iperlordosi lombare, che - se non risolte tempestivamente - divengono, appunto, veri e propri dimorfismi a carico delle strutture muscolo-scheletriche delle ginocchia e del tratto finale del rachide vertebrale. Non a caso queste persone erano avvezze all’utilizzo quotidiano di tacchi alti, vuoi per puro piacere estetico, vuoi per esigenze lavorative. La domanda è dunque: quali danni può effettivamente provocare l’utilizzo prolungato e smisurato di tacchi troppo alti? E in che modo? Per rispondere a queste domande occorre fare una breve parentesi sulla struttura e sulla funzionalità della complessa ed importante articolazione del piede.
Il piede è considerato il più importante organo di controllo del sistema antigravitario (ossia il sistema tonico-posturale che permette al corpo di mantenere l’equilibrio nelle varie posizioni assunte nello spazio, sia dinamicamente che staticamente parlando); in semplici termini rappresenta la base d’appoggio del corpo. Il piede funge sia da effettore del movimento (in seguito ad un ordine proveniente dal Sistema Nervoso Centrale), sia da ‘recettore’ di tutti i più svariati stimoli provenienti dall’ambiente in cui esso si muove (il suolo, ad esempio) che vengono recepiti sia dagli esterocettori cutanei, sia dai propriocettori muscolari e tendinei. Questa complessità di estero- e proprio-cettori conferisce al piede l’importante capacità di adattarsi ai cambiamenti del corpo nello spazio, permettendo la ricerca continua dell’equilibrio grazie alla posizione corretta del baricentro (centro di gravità del corpo), localizzato al livello della terza vertebra lombare (a livello dell’ombelico, anteriormente).
La pianta del piede è ricca di meccanocettori (esterocettori sensibili alla pressione) - che forniscono informazioni sulle oscillazioni corporee - e di recettori particolarmente sensibili alla trazione della cute del piede stesso, che forniscono informazioni sulla direzione e sulla velocità del movimento corporeo. Essi consentono insomma di dare al corpo una posizione nell’ambiente in cui si trova. La pianta del piede, in stazione eretta, rappresenta l'interfaccia costante tra ambiente esterno e sistema posturale. Infatti, le informazioni dei recettori podalici sono le uniche a derivare direttamente da un riferimento fisso quale è il suolo. Pertanto il riflesso plantare, legato alle stimolazioni cutanee della pianta del piede, è in grado di attivare e modulare riflessi molto complessi con funzioni posturali di notevole importanza, sia statiche che dinamiche.
Nella stazione eretta corretta la linea gravitaria (che decorre perpendicolarmente dal baricentro alla base d’appoggio) cade internamente all'articolazione tibio-tarsica (caviglia). Nella stazione eretta statica su scarpa con tacco alto, si verifica un forte squilibrio del carico corporeo sul piede, in particolar modo sull’avampiede, per l’avanzamento della posizione del baricentro. L’avampiede quindi, è costretto a sopportare un carico nettamente superiore rispetto a quello che tollera quando si è scalzi o si indossano scarpe con un modesto rialzo (3-4-cm), sia nella stazione eretta statica, sia nella deambulazione.
La patologia podalica più frequentemente associata all’utilizzo di un rialzo eccessivo sotto il calcagno (tacco alto) è l'alluce valgo, che si presenta come una deformazione dell’alluce che ‘devia’ esternamente, rivolgendo la falange verso le altre dita. Questa patologia scheletrica (spesso molto difficile da risolvere se non chirurgicamente) è accompagnata da altre lesioni, come lussazione delle relative ossa annesse laterale e della prima testa metatarsale (ricoperta da callosità per il continuo sfregamento con la calzatura). Il tutto si aggrava, poi, se si tratta di tacco ‘a spillo’, ossia la condizione più dannosa e difficile in cui si possa porre il piede, dato che, a causa della riduzione dell’ampiezza del tacco, il piede (di conseguenza tutto il sistema propiocettivo) si ritrova costretto ad operare diversi e difficili ‘aggiustamenti’ (che col tempo divengono adattamenti anatomici veri e propri, di conseguenza, patologie) per evitare di perdere un già precario equilibrio dovuto al rialzo della base d’appoggio calcaneare.
Inoltre, è importante considerare quanto sia stretta la interdipendenza dell’apparato stomatognatico (denti e articolazione temporo-mandibilare), oculare e vestibolare (centro dell’equilibrio) con l'articolazione del piede, fattore che presuppone come da una cattiva occlusione dentaria possa dipendere uno scorretto assetto dell’arcata plantare al suolo (di conseguenza una deformazione delle sue strutture). Allo stesso modo è possibile il verificarsi del caso contrario, e cioè che un errato appoggio del piede nella stazione eretta statica e dinamica (deambulazione) possa provocare disfunzioni all’apparato della bocca, oculare e vestibolare.
Un disequilibrio posturale, dovuto allo spostamento del baricentro e all’alterata sensibilità propriocettiva del piede, nonché la deformazione strutturale dell’alluce, a loro volta, possono portare sia ad alterazioni posturali statiche, che dinamiche (deambulazione scorretta ed errata disposizione dei carichi e delle forze sui vari dispositivi articolari e muscolo-legamentosi). Tra le alterazioni statiche si riscontrano facilmente ‘atteggiamenti’ sbagliati (ossia alterazioni momentanee e correggibili volontariamente dal soggetto), come iperlordosi lombare, ipercifosi dorsale di compenso, iperestensione delle ginocchia (con relativo accorciamento del muscolo quadricipite ed eccessivo stiramento dei muscoli posteriori ischio-crurali). Atteggiamenti che, se non corretti in tempo con ginnastica compensativa o correttiva, possono degenerare in veri e proprio dimorfismi a carico elle strutture ossee. Il ginocchio inoltre, ancor prima della caviglia, risente della diversa ed innaturale disposizione del carico corporeo, ponendo sotto eccessivo stress delicati dispositivi articolari che la natura ha ‘progettato’ perfettamente per sostenere un assetto corretto del corpo, come menischi, legamenti crociati e collaterali.
Da non trascurare, inoltre, sono i diversi problemi a carico del sistema circolatorio-venoso che potrebbero insorgere proprio a causa dello ‘schiacciamento’ innaturale (soprattutto a carico dell’avampiede) di alcuni capillari situati in zone del piede che, normalmente, non vengono occlusi, né oppressi da sovraccarichi. Da qui deriverebbe poi il fastidioso senso di pesantezza alle gambe e, nei casi più gravi, vere e proprie patologie e disfunzioni della microcircolazione periferica, importantissima per il nutrimento ed il rifornimento di ossigeno ai tessuti muscolari, cutanei e cartilaginei di piedi e gambe.
Non dimentichiamo, quindi, quanto la ‘piramide’ corporea, che non a caso ha nei piedi la sua solida base, necessiti, per naturale progettazione e strutturazione, di mantenere il suo equilibrio, partendo appunto dal benessere e dalla giusta posizione e distribuzione dei carichi sulla base podalica, onde evitare lo spiacevole caso in cui un mal di testa, uno scompenso muscolare o una patologia rachidea possano trovare la causa proprio nella ‘base’ del corpo, spesso troppo trascurata. Tacchi sì dunque, ma ‘con coscienza’ , da utilizzare sporadicamente e comunque non superiori ai ‘comodi’ed innocui 3-4cm."
dr.ssa Francesca Fanolla
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